Il Corvo è una delle storie d’amore più oscure che abbia mai letto. In questo post ti parlo del fumetto che ha ispirato l’omonimo film interpretato da Brandon Lee.
Ai vivi si deve il rispetto. Ai morti solo la verità.
Voltaire
Il fumetto
Acquistai il fumetto de “Il corvo”nel lontano 1994, quando venne pubblicato in occasione dell’uscita del film. Avevo appena compiuto diciotto anni e a quei tempi in tematiche del genere io ci sguazzavo.
L’ho già ripetuto diverse volte: da anni leggo romance, ma come lettrice sono nata con un animo molto dark, che non ho mai mancato di nutrire leggendo horror, o comunque romanzi dalle tinte decisamente molto cupe.
Per questo, una storia de genere non poteva che suscitare la mia attenzione: un uomo torna dall’aldilà per vendicare la morte della sua amata.
Il tema dell’amore vendicato è un archetipo immortale, e l’autore ha utilizzato tutti gli strumenti a disposizione per dare vita a una storia che trasuda dolore e disperazione,come mai ne avevo lette prima d’ora.
La nascita de “Il Corvo”
Prima di catalizzare gli schermi cinematografici, questa storia è nata come fumetto. L’autore, James o’Barr, la realizzò in un momento difficilissimo della sua vita personale. La donna di cui era innamorato era morta da poco, vittima di un pirata della strada.
Per O’Barr la perdita fu straziante.
Questa opera diventa per lui una sorta di catarsi del dolore, un atto d’amore che ha trovato nel disegno e nei testi la strada per gridare tutto il dolore e la disperazione, insieme alla sete di giustizia e verità.
Ci sono voluti dieci anni perché l’autore mettesse la parola fine, e non passò molto tempo prima che il produttore Jeff Most ne intuì le potenzialità cinematografiche e ne fece un film che a tre giorni dalla fine delle riprese vide la morte, presumibilmente accidentale, del protagonista Brandon Lee, il figlio del mitico Bruce, attore e leggenda del Kung -fu.
Il Corvo come fumetto uscì in edicola in una miniserie di tre numeri a cadenza mensile, ma tra il n. 1 e n.2 venne pubblicato il n. 0 con due storie inedite e articoli sul film.
La trama del Corvo
Eric è tornato dal mondo dei morti per vendicare la fidanzata, brutalmente uccisa da una gang di malviventi.
Al suo fianco, un misterioso corvo sovrannaturale, che lo accompagnerà in tutto il suo viaggio tra dolore e violenza, in una città maledetta e senza possibilità di redenzione.
Il corvo e un amore disperato
Una variante della leggenda narra che in caso di morte orribile e dolorosa, il corvo trasporti insieme all’anima anche un’infinita tristezza, tale da impedire il riposo eterno.
A volte, il corvo decide di riportare l’anima indietro affinché possa riparare il torto subito.
Ed è ciò che accade a Eric, il protagonista di questo fumetto, che vede la fine del suo amore con Shelly a causa della follia della società moderna.
E che sia un camionista ubriaco o una banda di tossici, poco importa, perché il dolore straziante non smette di ruggire nell’animo martoriato dell’uomo.
Una delle caratteristiche che più mi colpì di questa storia fu la dicotomia emotiva del personaggio, in bilico tra un passato colorato di dolcezza e amore, e un presente ottenebrato dal dolore e dal desiderio di vendetta.
La personalità di Eric si srotola come un Giano Bifronte nell’alternanza di flashback, che ci offrono una finestra sull’idillio amoroso con Shelly.
Eric riuscirà a sopravvivere al dolore, alla vendetta, alla sete di giustizia? L’autore volutamente lascia aperta la porta, sarà il lettore a decidere.
Quello che è certo è che Eric torna a vivere nel ricordo del suo amore per Shelly.
Il corvo e i contrasti
E il contrasto tra la dolcezza di un intimo quotidiano e il dolore in un presente ingrigito dalla disperazione, genera una suggestione che attraversa tutto il fumetto.
Il Corvo rimane per me una storia d’amore, romantica e oscura, intrisa di dolore e angoscia, che inghiotte qualsiasi speranza.
Tutto il dark di questa opera
Eric si presenta con una grafica decisamente dark, dall’abbigliamento al trucco che richiama la New Wave degli anni 80 (non mancano inoltre citazioni dei Cure e dei Joy Division).
Complice di questa tenebra dolorosa, una Detroit vibrante, malavitosa e degradata.
In tutto questo tetro e furioso dolore, brilla un lumicino: Sherri, la bimba vittima della società, tenera reminiscenza dell’amata Shelly.
Un’angoscia cupa attraversa la narrazione grazie anche all’uso spasmodico del nero che si attenua solo per lasciare spazio a toni più leggeri e sfumati dei flashback.
Ed è il nero il veicolo principe di tutto il dolore, un colore che rappresenta l’oscurità primordiale, la totale assenza del colore. Non c’è tonalità che riesca a dare voce alla malinconia, alla sconfitta, all’angoscia in egual misura.
Il nero rimanda alla corruzione, alla distruzione, all’annichilimento di tutto ciò che di buono e positivo esiste sulla terra.
In questa opera non c’è spazio per la speranza, il bene altrui, il calore. Il nero del dolore ha fagocitato tutto, ciò che rimane sono i tenui chiarori dei flashback, che ci ricordano un Eric quasi un protagonista di romance.: dolce, attento, premuroso. Allora era felice.
Ora è un oscuro angelo della morte, sofferente e assetato di vendetta. E non si fermerà davanti a nulla, prima di aver reso giustizia alla morte della sua amata.
Così ho sentito un rumore di stivali: cluk, clunk, clunk. Pensavo fossero ancora quei poco di buono e invece chi ti vedo? Un vampiro alto due metri, sembrava Dracula, camminava lungo il corridoio nero dalla testa ai piedi, la pelle bianca come cenere e i capelli dritti come spighe di grano. La cosa strana era che tutti i gatti del palazzo lo seguivano come fosse un fantasma. Si è girato verso di me e con gentilezza mi ha detto: “Buonasera signora”.
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